“Sarà capitato anche a voi” di avere una musica in testa, ché Canzonissima ha fatto scuola, ma anche, sicuramente, di vedere un annuncio di AdWords tra i risultati – di solito i primi, ma non solo – della vostra ricerca su Google. O persino di essere tra coloro che si sono dati da fare per realizzarlo, magari partendo da zero. Se è così, o se state pensando di affidare a qualcuno il compito di costruire la vostra campagna di web advertising, può essere utile fare un ripassino di come funziona Adwords: ecco allora la lista delle 3 cose 3 da sapere, giusto per non farsi cogliere impreparati.
Adwords: come funziona l’asta, in due parole (chiave)
“Nomen omen” dicevano i latini. Tradotto: di nome e di fatto. Se si chiama Google AdWords un motivo ci sarà, anzi c’è: “Google” perchè – banalità – si tratta di un sistema di pubblicità a pagamento sviluppato da e unicamente per Google. Se, per intenderci, un domani sceglieste di scandagliare il web senza ricorrere al più famoso dei motori di ricerca, ad esempio utilizzando Bing, non trovereste gli stessi annunci che popolano le pagine di Google. “AdWords” è, invece, l’unione di Ad e di Words, dove Ad non è altro che l’abbreviazione di “Advertising” – il termine inglese che indica la pubblicità – e Words sta per “parole”. Ma quali parole? Quelle chiave, naturalmente. Chiunque si sia già trovato alle prese con Google (magari “in organico” come si dice in gergo) sa che alla base del ranking c’è proprio la scelta e il corretto utilizzo di parole chiave, da posizionare in diversi punti strategici del sito. Ma questa è un’altra storia. Tornando alla pubblicità a pagamento di Google, è necessario sapere che anche questa è basata sulle keywords e, cosa più importante, sul loro acquisto. Sì, perchè Google AdWords non è altro che un grande mercato in cui le parole chiave vengono comprate per la creazione di campagne promozionali.
Partecipando all’asta, chiunque può aggiudicarsi la o le parole chiave con cui andrà poi a costruire i suoi annunci. Ma quanto costa una parola chiave? Il valore delle keywords dipende da diversi fattori, che si possono riassumere in:
- La concorrenza per quella stessa keyword, ovvero la quantità di competitor interessati ad acquisirla;
- La mole di ricerca degli utenti per quella parola chiave;
- La qualità del sito di chi partecipa all’asta.
Il costo formulato da Google per ogni singola parola chiave sarà espresso in Euro (o altra valuta) per clic.
Ipotizziamo di essere un rivenditore di scarpe all’ingrosso, intenzionato a promuovere la nuova collezione del proprio e-commerce: come funziona Google AdWords in questo caso? Tra le parole chiave che è importante comprare potrebbe esserci, ad esempio, “Scarpe all’ingrosso”.
Al momento di fare l’asta, AdWords ci informerà sul costo – per singolo clic – che la parola chiave “Scarpe all’ingrosso” ha in quel preciso momento. E’ evidente, infatti, che trattandosi di un bene immateriale (si tratta pur sempre di parole!) e di un mercato in costante movimento (siamo sul web, baby), quella delle keyword non può essere una vendita standard: chi si aggiudica una parola chiave all’asta non può considerarla sua e solo sua, ma dovrà fare i conti con possibili nuove offerte – anche più alte della sua – provenienti dai competitor.
Una keyword non è come un quadro: conclusa l’asta, c’è ancora il pericolo che qualcuno possa entrare in (quella che pensavamo fosse) casa nostra e, senza nemmeno troppe accortezze, portarsi via il nostro acquisto. Nessuna paura, però: Google è un dispensatore generoso e riconosce a più persone – paganti – la paternità della keyword. Certo, non possiamo aspettarci la parità di genere: la moneta di scambio di AdWords rimane pur sempre la visibilità e chi ha pagato per una galleria non può aspettarsi la platea. Volendo semplificare possiamo dire che, nel caso di due o più offerte per la stessa parola chiave, Google favorirà – in termini di visibilità in SERP – il miglior offerente, garantendo comunque la presenza degli altri.
Curiosità: Nel lessico di Google esistono due termini che, per quanto simili e in alcuni casi persino coincidenti, sono in realtà molto diverse: Keywords e Query. La Query è la ricerca effettuata dall’utente sul motore di ricerca, ad esempio: “come arrotolare i calzini per farli entrare nel trolley”. La keyword è invece la parola chiave individuata da Google per rispondere a quella richiesta di contenuto. Il database di Google è smisurato, ma non infinito. Eppure, per ogni nostra ricerca, il motore è in grado di fornirci dei risultati, anche se in numero minimo. Questo perchè riesce ad individuare, all’interno delle nostre Query, una o più parole chiave in grado di rispondere, o ad assimilare la nostra ad altre ricerche con le medesime intenzioni, mostrandoci così risultati più o meno coerenti con la nostra richiesta iniziale. In questo caso, ad esempio, le keywords evidenziate da Google potrebbero essere “Arrotolare i calzini” o “Entrare in un trolley”. Analogamente, anche qualora l’utente non cercasse espressamente la parola chiave con cui abbiamo impostato l’annuncio di AdWords, ma avesse comunque richiesto a Google risultati in linea con esso, l’annuncio gli apparirà tra i risultati di ricerca.
Keywords: come trovare le parole giuste per dirlo
Quindi, come si scelgono le keywords giuste? Meglio quelle con più ricerca e più concorrenza, che rischiano di avere un ottimo potenziale ma ad un costo elevato; o è preferibile puntare su quelle con un minor tasso di interesse, ma anche meno competitor e costi più contenuti?
Purtroppo, o per fortuna, non c’è una regola fissa e molto dipende dal budget che si ha a disposizione al momento dell’asta. Quel che è certo è che la parola chiave – e di conseguenza l’annuncio che le verrà costruito attorno – deve essere in stretta relazione con il contenuto della pagina di atterraggio dell’annuncio stesso e in linea con l’intento di ricerca del nostro target. Prendiamo l’esempio di un Tour Operator che organizza passeggiate e visite guidate in Emilia Romagna per stranieri. Per individuare le keywords più corrette, sarà necessario:
- Controllare i dati di Analytics del sito per capire sia la provenienza del traffico e, quindi, la lingua in cui converrà impostare le campagne; sia l’età media e il genere del pubblico, per poter costruire gli annunci in modo appropriato, ad esempio evidenziando il tale o il talaltro vantaggio del prodotto/servizio pubblicizzato;
- Farsi aiutare dallo stesso Google AdWords nella definizione delle keywords, attraverso la funzione di suggerimento “Keyword planner”;
- Verificare – attraverso software specifici – quali sono le parole chiave più utilizzate, e secondo quale intenzione, da chi cerca un tour operator in Emilia Romagna.
Ricavate le parole chiave, è necessario considerarne il costo, anche in base al periodo di durata della campagna e, una volta acquistate, procedere alla creazione degli annunci testuali che andranno a posizionarsi nella SERP di Google. In tutto questo non bisogna mai dimenticare che, perchè una campagna di AdWords funzioni davvero, le pagine di destinazione degli annunci devono essere in grado di “accogliere” gli utenti, guidandoli in modo chiaro ed efficace nel processo di conversione (contatto, acquisto, etc).
Curiosità: non tutte le parole chiave possono essere utilizzate all’interno dell’annuncio. Nella maggior parte dei casi, infatti, le keywords che corrispondono a nomi di Brand famosi, qualora questi abbiano reclamato il marchio, sono off-limits. Quindi, ad esempio: se un domani la Pepsi volesse fare una campagna di Google Adwords basata su una comparazione tra il suo marchio e quello della famosa rivale Coca Cola, potrebbe acquistare la parola chiave “Coca Cola”, ma sarebbe costretta a creare i suoi annunci senza mai citarla. Per noi Italiani, questo avviene, in modo alquanto singolare, con la parola “dell”: bandita perchè coincidente con la statunitense DELL, multinazionale del comparto tecnologico e informatico. Non tutte le aziende, tuttavia, hanno registrato il loro nome, con il risultato che vi sono annunci di altre realtà, anche loro partner, che, pur rispondendo alla query dell’utente per quella keyword/nome brand non portano al loro sito, ma – appunto – a quello di chi ha generato l’annuncio.
E’ evidente che, nel caso di rivenditori di marchi famosi e registrati, Google prevede alcune politiche di advertising ad hoc.
Il CPC: meno cliccano loro, meno paghi tu
Come detto, Google esprime il valore delle parole chiave in cpc, ovvero “costo per clic”: ad ogni clic effettuato dall’utente su uno degli annunci che abbiamo settato per una determinata parola chiave, AdWords sottrarrà dal nostro conto corrente il prezzo corrispondente. E’ importante sottolineare che, proprio nella fase di set-up della promozione, avremo detto a Google qual è il nostro budget mensile e giornaliero, in modo che sappia quando è il caso di fermarsi, cioè quando il nostro annuncio non deve più essere mostrato agli utenti perchè abbiamo esaurito il budget. E se gli utenti non cliccano? La brutta notizia è che se non cliccano significa che la campagna non sta procedendo proprio a meraviglia. L’intento è pur sempre quello di convincere il nostro target a scegliere il nostro annuncio piuttosto che un altro e sarà quindi necessario rivedere alcuni fattori, come ad esempio: il budget, che potrebbe essere troppo scarso; il testo, che potrebbe essere poco accattivante; la scelta delle parole chiave, etc…Per questo, dopo una prima fase di decollo in cui si sparano tutte le cartucce al massimo della potenza, è bene ridurre gli sforzi e concentrarli solo su quello che rende meglio, ottimizzando la campagna in corso.
La buona notizia è che, almeno, se gli utenti non cliccano, Google non preleva. In altre parole: meno cliccano, meno paghi, più cliccano, più spendi. Non è insolito il caso, infatti, di un budget complessivo fissato a TOT euro e di una fatturazione finale inferiore, anche di alcune centinaia di euro. La sostanza, un po’ contorta, è che per essere visibili bisogna pagare, ma la sottrazione dal portafogli avviene solo al clic.
Curiosità: Secondo questa logica, ogni volta che – da utenti- clicchiamo su un annuncio, dall’altra parte si attiva il costo del clic e chi ha impostato l’annuncio paga (“E io pago” direbbe Totò). Le menti più maliziose l’avranno certamente già pensato: per sfavorire un competitor potremmo metterci dalla mattina alla sera a cliccare sui suoi annunci fino a fargli esaurire il plafond giornaliero e salire di posizione al posto suo. Ebbene, siccome Google non è proprio l’ultimo degli sprovveduti, ha già pensato anche a questo e in caso di attività sospetta (come appunto un numero sconsiderato di clic, senza conversione, da un unico utente) non sottrae all’advertiser i costi generati dal cliccatore molesto.
Bene, ora che siete arrivati fino in fondo all’articolo, possiamo svelarvelo: per conoscere fino in fondo come funziona Adwords non vi basta sapere che esistono le parole chiave e gli annunci di testo, ma dovete considerare anche gli annunci display, le campagne su Youtube, le campagne di Google Shopping e gli annunci per le APP. Per saperne di più, potete aspettare la pubblicazione della prossima puntata o contattarci per una consulenza di AdWords personalizzata.