L’impatto del Coronavirus sulle diverse generazioni (e i brand?)

Dopo aver parlato di come riformulare un’intera programmazione editoriale e come modificare il calendario dei contenuti social in questo periodo storico, ci siamo posti una domanda, secondo noi fondamentale per far fronte a questa  spiacevole situazione e comunicare in modo corretto online. Consapevoli di quanto per una efficace content strategy sia importante conoscere il target di riferimento, ci siamo chiesti quale fosse l’impatto del Covid-19 sulle diverse generazioni e quale dovrebbe essere la risposta dei brand alle loro reazioni. Del resto, per rispondere alla crisi, un’azienda non può non studiare gli effetti che questa ha avuto sulle abitudini delle persone. 

Per dare una risposta a questi interrogativi, abbiamo seguito l’intervista di Vincenzo Cosenza, aka Vincos, a Federico Capeci, esperto di generazioni e CEO di Kantar Italia, Grecia, Israele, andata in onda su Buzzoole lo scorso 29 aprile. Ecco cosa abbiamo scoperto. 

L’impatto del covid-19 sugli italiani: i dati di Kantar 

In una prima analisi, i due relatori hanno subito rivelato un dato molto interessante sulle conseguenze economiche per i Paesi del G7, il cui peso è ritenuto di centrale importanza su scala globale (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti d’America). L’allarmante cifra riguarda 6 milioni di persone, principalmente imprenditori e liberi professionisti, tra cui anche millennials, che hanno visto l’epidemia impattare sul proprio reddito per il 50% o completamente, quindi perdendo effettivamente l’intero stipendio. Numeri drammatici e sicuramente in continua crescita, visti anche gli ultimi aggiornamenti dei notiziari. 

Ma, cosa preoccupa principalmente le persone in questo periodo?

  • SALUTE
  • REDDITO
  • ISTRUZIONE

Questa la classifica, che coinvolge tutti e 7 i paesi, quindi anche gli italiani, con una differenza legata all’intensità della preoccupazione. Il nostro, commenta Capeci dopo aver dichiarato il podio, è un Paese che sta riscoprendo le priorità e che, alla luce dei fatti, si mostra più apprensivo nei confronti di tutte quelle cose vedeva già vacillare.

“Il grado di intensità della preoccupazione è fortemente legato alla conoscenza del fenomeno”, continua l’esperto. Gli italiani sono, ad esempio, molto preoccupati per le conseguenze del virus sulla salute perché la maggior della popolazione è ben informata sull’argomento, a differenza di altri paesi dove la consapevolezza, in questo senso, risulta minore.  

Come la pandemia viene percepita dalle diverse generazioni 

Arriviamo al punto: come la pandemia viene percepita dalle diverse generazioni? 

 

 

Come avviene per una pubblicità, o per un brand, la cui identica esecuzione viene interpretata in modo diverso dalle varie generazioni, anche il Covid-19 viene letto diversamente dai giovani, dagli anziani e dai teenager. “Gli individui che fanno parte di questi gruppi d’età, infatti, hanno vissuto esperienze diverse, e hanno un codice di programmazione mentale, psicologico, sociale, e neuronale, diverso che li porta a vedere la crisi in modo differente”, spiega Capeci.

Per capire meglio è necessario: 

1) ripassare il concetto di generazione

Nel linguaggio comune si parla di ‘generazione’ “quando si vuole indicare il fatto che l’essere nati in un determinato periodo e aver vissuto gli anni cruciali della formazione in un determinato clima culturale, caratterizzato da particolari eventi storici, lascia una traccia sui modi di sentire, pensare e agire degli individui. Il fatto di appartenere a un determinato ‘tempo’ accomuna appunto i membri di una generazione. L’uso che del concetto di generazione viene fatto nelle scienze sociali non si scosta molto dalla nozione di senso comune.” (Treccani).

2) Dare un’occhiata alla lista delle 6 generazioni presenti nella società odierna

  • La silent generation, formata da individui nati prima del 1945.
  • La generazione dei Baby Boomers, ovvero i nati tra l’ultima metà degli anni quaranta e la prima degli anni sessanta.
  • La generazione X, che comprende i nati tra la seconda metà degli anni sessanta e la prima metà degli anni ottanta.
  • I millennials, nati a cavallo tra gli anni ottanta e gli anni novanta.
  • I centennials, ovvero i ventenni di oggi, nati fra l’ultima metà degli anni novanta e il 2005.
  • La generazione Alpha, formata da ragazzi che oggi hanno meno di 15 anni, perché nati dopo il 2006.

Fatte queste precisazioni possiamo ora analizzare gli elementi che fanno parte del meccanismo di interpretazione di un oggetto/evento da parte di ogni singola generazione. Secondo il CEO di Kantar: l’anno di nascita, gli anni di formazione (es: gli anni 2000 nel caso di  un millennial), la condivisione collettiva, i valori e l’idea del futuro.

 

 

Il Covid-19 è un segno, lo abbiamo voluto noi

Per un baby boomer, che ha vissuto il ‘68 e vive la vita in maniera ‘progressiva’, pensando che il futuro sarà sempre migliore del passato, e che è abituato a guardare continuamente l’aspetto etico delle cose, il Covid è un segno. La pandemia altro non è se non qualcosa che abbiamo meritato, l’evidenza della problematica che abbiamo creato con la Globalizzazione, volendo cercare una causa e un responsabile, come gli individui di questa generazione sono abituati a fare. D’altronde i baby boomer hanno sempre combattuto contro gli artefici e le istituzioni. 

Questo virus è una bolla

Poi c’è la generazione X che vede il Coronavirus come una bolla e da essa conta tranquillamente di poter uscire creando un nuovo modello. 

Questa classe è formata da individui abituati ad un mondo fatto da opposizioni, dove è necessario scegliere da che parte stare: USA VS URSS, Nike VS Adidas, Coca Cola VS  Pepsi Cola… e non può che prendere una posizione. Solitamente, questa scelta, viene fatta secondo il criterio dell’esclusione, e lo stesso avviene per tutte le circostanze che riguardano il Covid-19. 

La Pandemia segna l’inizio di qualcos’altro

Per i Millennials e la Generazione Z la pandemia segna l’inizio di qualcos’altro. Questi giovani interpretano il momento come uno stato di fatto. 

I primi, in particolare, stanno godendo della magnifica espressione del loro concetto di connettività, ma provano un po’ di ansia nel chiedersi quando ricomincerà tutto e come sarà la vita dopo il lockdown.

La generazione Z, invece, ha già capito che questo è lo stato da affrontare fino a che non arriverà un nuovo momento, che sarà poi il momento che metterà in luce una nuova classe, la generazione Alpha. Questi ragazzi sono molto simili a quelli della generazione Silent, non ha mai vissuto in un mondo senza ‘crisi’, perciò non possono fare altro che pensare a come ricostruire, con pazienza e senza lamentarsi.

E le aziende, dunque?

 

Il covid-19 sta lasciando il segno su tutti i fronti e in tutte le generazioni. Nei prossimi mesi, le aziende che vorranno comunicare online dovranno dare priorità ad una revisione del target. Per quanto, infatti, la reazione possa limitarsi al periodo che stiamo vivendo, non è detto che sia del tutto finito, inoltre potrebbe essere un’occasione per valutare nuovi aspetti del proprio pubblico mai palesati fino ad ora.  La generazione Z, ad esempio, sottolinea Capeci nel corso dell’intervista, ha dimostrato una notevole capacità di adattamento ai nuovi schemi.

Questa classe di individui, erroneamente etichettata come superficiale, in realtà dimostra una grande serietà nonché la capacità di puntare verso un orizzonte più concreto: la competenza, diversamente dai precedenti millennials più interessati alle aspirazioni. Per spiegare meglio questa divergenza tra le due generazioni, vengono presi in esame due social contemporanei: Tik Tok e Facebook. Il primo, dice il CEO di Kantar, è diverso dal secondo perché più pratico, cosa che avevamo sottolineato anche noi nell’articolo dedicato a Tik Tok, palcoscenico per performer e performance, dove si alternano: challenge, duet ed altri contenuti sempre ricchi di creatività e fantasia. Se da una parte, quindi, su Facebook si parla di aspirazioni, dall’altra “l’archetipo è l’esperto in qualcosa” dice Capeci, qualcosa che il giovane della generazione Z può non solo osservare ma anche imparare a fare. 

La stessa figura dell’influencer è diversa su questi social network, su Tik Tok sono personaggi che attraggono per la loro abilità, diversamente dagli influencer dei social di Zuckerberg. “Alla generazione Z non interessa come ti vesti, questi giovani vogliono sapere che abbinamento hai fatto, quindi cosa possono imparare” – conclude il CEO di Kantar.

Alla luce di tutto questo, possiamo dire che definire qual è la reazione al Coronavirus di ogni generazione può essere la chiave per ripensare al tipo di comunicazione, al linguaggio e agli strumenti da utilizzare per ripartire nel post lockdown. Se per fare questo avrete bisogno di una mano potete scriverci a info@noetica.it, saremo ben felici di rispondere alle vostre domande e fornirvi una consulenza specifica.

Adriana Angelieri

Dopo una laurea in Scienze della Comunicazione Pubblica e Sociale, nel 2013 muove i primi passi nel mondo del social media marketing e del SEO copywriting. Nel 2015 inizia la sua avventura a Noetica, dove acquisisce una solida esperienza nei progetti editoriali e nella gestione dei canali social (20 pagine in meno di 10 anni, alcune in lingua francese). Oggi, esperta di strategie di contenuto e community management, trasforma la sua passione per i piani editoriali in progetti concreti che aiutano le aziende a comunicare con i clienti e crescere online. Come docente, ha tenuto corsi e aiutato team e aziende a potenziare la loro presenza sui social.

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