Amici che gestite una pagina Facebook, immagino che anche voi, come me, abbiate in testa due pensieri martellanti che, sovente, compaiono anche nei momenti più improbabili della vostra giornata (quando al panificio tocca a voi, quando state al bagno, mentre il vostro fidanzato vi parla del fantacalcio…). E questi chiodi fissi sono in ordine:
- Mi ci vuole qualcosa di geniale che inneschi l’engagement e apra la via a un’alluvione di commenti.
- Devo fare qualcosa per sedare i commentatori seriali e tutelare la mia salute psicofisica.
Dell’ossessione numero 2 abbiamo già parlato a cuore aperto: grande è la nostra solidarietà nei confronti di chi è quotidianamente impegnato in opere di assistenza social.
Per quanto riguarda invece il punto numero 1, non c’è miracolo che tenga: servono idee belle, ma tanto belle, che trasformino la pagina Facebook in una piazza chiassosa. Perché si fa presto a dire mi piace, ma all’algoritmo di Facebook, diciamoci la verità, del pollicione sollevato, gliene frega poco o niente…
Quali sono allora i commenti che creano engagement? Per rispondere alla domanda abbiamo intrapreso due strade: l’illuminazione divina e lo studio dei brand.
Post che fanno engagement: che ci vuole?
Primo Comandamento: conosci il tuo pubblico e dagli qualcosa da fare
In cerca delle Sacre Tavole dell’Engagement, chi potevamo scomodare se non Dio? Alessandro Paolucci “ente metafisico a partita iva”, creatore e signore dell’account twitter lddio (più di 353 mila followers) e dell’omonima pagina Facebook (più di 28 mila fan) alla domanda “come si fa a creare engagement” ci ha risposto che:
“L’engagement si crea conoscendo il proprio pubblico e dandogli qualcosa da fare: davanti a un tuo contenuto, l’utente deve avere la tentazione irresistibile di commentare, oppure di condividere quell’immagine, quello status, quel video sul suo profilo. Ci vuole umiltà e autocritica, e bisogna mettersi nella condizione di produrre contenuti non solo per la propria gloria, ma per dare davvero qualcosa al pubblico. Devi ragionare come un presentatore televisivo: metteresti cose noiose nel tuo palinsesto? Non siamo stanchi della solita roba trash per casalinghe annoiate? Cosa potrebbe scuotere il ‘pubblico da casa’?”
Nella segretezza del confessionale, Iddio ci ha inoltre rivelato di girare sempre con un taccuino in tasca per mettere nero su bianco gli spunti creativi e creare un serbatoio di idee: a quello il community manager potrà attingere quando piange, lava i piatti e la vita dice no…
Domande sì, ma quali?
Avuta la benedizione di Dio, siamo andati a spiare sulle bacheche dei brand che riescono a far cantare i loro fan. A scuotere il pubblico da casa, abbiamo constatato, sembra essere l’onnipresente punto interrogativo, con “qualche” accorgimento: nessuno infatti ci assicura che la call to action non sia seguita da un imbarazzante silenzio tombale. A meno che non vogliate costruire una facebook strategy fallimentare infatti i “vi piacciono”, “è vero”, “non pensate anche voi”, “lo sapevate che” funzionano raramente, ancor meno se diamo loro anche la risposta. Ad esempio:
Domande sì, quindi, ma che trasformino il fan in un commentatore entusiasta e “incontinente”…
Il commento dev’essere insomma un impulso incontenibile, un istinto.
Chi sa fare le domande giuste? Always Coca Cola
E siccome ci piace vincere facile, il primo esempio di call to action vincente che vi mostriamo, lo prendiamo dalla Fanpage di Coca Cola (dopotutto, è dai migliori che bisogna imparare!).
Il 28 luglio, il nostro bottiglione zuccherato da 2 lt, usa la sete e la voglia irrefrenabile di mare che esplode nei poveri sfigati che stanno davanti al pc per chiedere dove vorrebbero essere quel momento. Empaticamente vicina alle voglie di tutti noi, non solo innesca una lista interminabile di commenti e condivisioni, ma diventa presto utente tra gli utenti.
Lanciare la domanda è infatti il primo passo di un dialogo che porta il brand ad accorciare le distanze, ad innescare nuove domande e a far moltiplicare ancor di più i commenti.
Cosa ci è voluto? Una domanda che ha saputo sfruttare le giuste “debolezze”, al momento giusto.
E se state pensando che questi siano “giochi da grandi” che funzionano solo con una fan base di quasi 94 milioni di utenti vi fermiamo subito, perché lo abbiamo fatto anche noi con la Fan Page de “Il Giornale del Cibo”, magazine online che Noetica ha in gestione da un anno.
Le domande periodicamente lanciate agli utenti sul nome dialettale degli utensili da cucina, sotto il segno dell’hashtag #ComeSiDice hanno fatto sbizzarrire i lettori di tutta Italia, fino a coinvolgere persino noi, che non abbiamo resistito alla tentazione di intervenire nelle diatribe linguistiche usando anche i nostri profili personali.
Il segreto, in questo caso, è stato giocare sull’attacamento alle radici, all’identità locale che in Italia è ancora molto forte.
E questo ci porta dritti alle recenti trovate di Nutella.
Nutella è speciale perché parla la nostra lingua
Con le sue 135 frasi dei dialetti d’Italia in etichetta, Nutella riesce ad essere “sempre un po’ speciale” anche sulla sua FanPage, dove ad Halloween pubblica un post così simpaticamente nazionalista e nazional popolare che è subito likes, shares e complimenti:
La nostra crema di nocciola preferita rivolge nessuna domanda, ma fa innegabilmente breccia nei nostri cuori perché colpisce 3 bersagli: parla dialetto, lo fa in maniera simpatica, usa la frase di una canzone che sconfina l’identità regionale e celebra tra le righe il trionfo del made in Italy . “Tu vo fa’ l’americano”, infatti, è una canzone popolare ma dalla forte valenza simbolica, che ci riporta alla forte influenza che la cultura americana ha avuto sull’ ”Italia del boom economico”.
Tanto che gli utenti commentano con adorazione e lei, dolcissima, distribuisce baci a destra e a manca…
Nutella potrebbe fare la diva, ma la sua forza sta proprio nel fatto che non se la tira: non solo parla in dialetto, ma passa la palla ai suoi fan che, insieme a lei, danno voce al brand:
E sono subito 90 commenti.
Potere del quiz: ed è subito community!
Altro asso nella manica del community manager è il quiz: diverte gli utenti e (diciamoci la verità) diverte un sacco anche chi lo crea e lo gestisce. A tal proposito citiamo una pagina che ci piace tanto e che i nostri docenti a loro volta citano spesso ai nostri corsi: Turisti per Caso.
Una delle tipologie di post che preferiamo in assoluto è senza dubbio #IndovinaLaCartolina:
Turisti per Caso (per tornare ai consigli di Iddio) conosce i suoi polli: grandi viaggiatori, spesso appassionati di fotografia, che con piacere rispolverano vecchi ricordi di viaggio e desiderosi di nuove mete. La foto inviata da uno dei lettori del blog innesca complicità tra la pagina e i suoi fan e tra gli stessi fan, che si scambiano opinioni, ricordi, informazioni. Se il fine della Fanpage è quello di creare una solida e attiva community, questo post ha fatto centro.
Barilla: dove c’è real marketing, c’è casa
E dopo il mitico “ben tornati a casa” con cui accoglieva gli azzurri di ritorno da un brevissimo mondiale di calcio in Uruguay (ricordate gli 11 maccheroni, uno dei quali mordicchiato, esattamente come uno dei giocatori della nazionale, no?), Barilla continua ad essere la regina del real marketing, soprattutto sportivo, complice il colore che caratterizza il brand.
Barilla ci fa sentire a casa perché è ironica e sul pezzo: tira fuori argomenti da bar, ma lo fa con il suo stile. Non stupisce quindi che questo post conti quasi 2000 condivisioni e 136 commenti.
Avete individuato altre tipologie di post capaci di innescare centinaia di commenti, che però ci sono sfuggite? Se vi va, condividete con noi le vostre osservazioni: siamo curiosi di sapere cos’è che secondo voi crea engagement!