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Sappiamo che oggi la situazione economica in Italia e a livello mondiale è complicata, e che le aziende si trovano, quindi, ad affrontare numerose incognite e sono sempre più attente a selezionare gli investimenti e a decidere la ripartizione del budget. È la fine dell’influencer marketing? Quanto costa mettere a punto questa attività?
Dopo aver parlato delle tendenze e delle opportunità dell’influencer marketing per il futuro, in questa seconda parte dell’intervista a Ilaria Barbotti, scopriamo che il settore, che in realtà sembra essere in grande crescita e rispondiamo alla domanda che si pongono tutti: quanto costa fare influencer marketing? Vediamo cosa ha risposto.
Quanto costa fare influencer marketing?
“In questo campo non esiste un budget di riferimento e si possono ottenere ottimi risultati anche con budget contenuti e micro-influencer: io consiglio sempre di provare a suddividere il budget adv, allocandolo in parte sulle piattaforme e in parte per influencer marketing”.
Ma facciamo qualche esempio, per capire possibilità e spese. “Il mondo della moda raramente investe budget, ma attiva campagne fornendo il proprio prodotto iconico a un certo numero di influencer selezionati e autorevoli. Il cambio merci e visibilità è usato anche nel mondo del beauty o nel travel e può funzionare molto bene, se strategicamente studiato”.
Ma non è l’unico modo. Proprio l’edizione 2021 del sopracitato Report Brand & Marketer di ONIM evidenzia come stia aumentando l’utilizzo di “big” influencer: il cluster tra 50.000 e 100.000 follower passa dal 13,7% al 18,7%, mentre quello sopra i 100.000 salta da 9,7% a 13,1%. È evidente, quindi, che il budget cambi di pari passo e la retribuzione economica è la forma più utilizzata nelle campagne, come conferma anche Ilaria. “Per un’attivazione media possiamo dire che in Italia devi preventivare dai 5 ai 10mila euro. Ci sono, infatti, anche collaborazioni strutturate: ad esempio, nella ristorazione e nell’hotellerie, se hai un progetto in cui vuoi attirare turismo nazionale o internazionale, devi invitare influencer anche da fuori, che vanno seguiti e ai quali devi naturalmente pagare vitto e alloggio, ma puoi anche prevedere una fee per il creator o la creator coinvolti, perché per te è un professionista e la vostra collaborazione per il tuo progetto è di particolare valore. È evidente che per fare tutto questo i ristoratori, ad esempio, devono avere un PR a cui affidarsi, per gestire e seguire tutto”.
Da professionista e esperta del settore, Ilaria Barbotti ci tiene però a specificare che ha poco senso studiare e progettare una campagna andando da un’azienda a proporre un budget: “prima occorre fare una pianificazione pubblicitaria insieme, mettersi in ascolto, definire gli obiettivi e capire come comunicare quel prodotto o servizio, per poi individuare la soluzione più adatta, che non è detto sia la più cara. Certo, come punto di partenza devi avere un prodotto o un servizio di qualità, altrimenti è inutile, ma con una strategia di influencer marketing strutturata e continuativa, anche se sei una media realtà puoi ottenere ottimi risultati”. Qualche esempio? “Ci sono esempi di successo negli ultimi anni di brand partiti da zero che sono cresciuti molto lavorando (bene e tanto) di influencer marketing, come Festa Foresta o Gaia Segattini Knotwear, solo per citarne due”.
On e offline: le due dimensioni dell’influencer marketing
Verrebbe da pensare che questo strumento di web marketing sia utilizzato solo per prodotti e servizi online. In realtà non è così, come ci spiega Ilaria: “oggi il drive to store funziona molto bene e utilizza soprattutto il cambio merci, per cui gli influencer coinvolti sperimentano in prima persona il servizio, il locale o il negozio raccontando l’esperienza tramite i loro canali. Questo format è vincente e porta molte persone a cambiare le proprie abitudini e a scegliere luoghi fisici, come ad esempio parrucchiere o estetista, tra quelli provati e consigliati dagli influencer”.
A questo punto non ci resta che affrontare con Ilaria gli aspetti più delicati e anche utili per le imprese o le PA che nel 2023 stanno pensando di investire in campagne di influencer marketing, ovvero budget e errori da non fare. Partiamo proprio da qui!
Influencer marketing: gli errori più comuni da evitare
Parlando di cosa non si dovrebbe fare in una campagna di influencer marketing, Ilaria evidenzia come “gli errori possibili sono tanti, perché fino a un paio d’anni fa c’è stata sempre poca conoscenza di questo mondo, con anche pochi investimenti. Oggi invece si è passati all’opposto: la maggior parte delle aziende e delle agenzie hanno una unit che si occupa solo di questo settore, con il rischio che si crei troppa offerta, rispetto alla reale domanda”.
Senza pretesa di esaustività, possiamo tuttavia elencare almeno un paio di errori “da penna rossa”. Qualche anno fa si diceva, ad esempio, che molte aziende non ottenevano risultati soddisfacenti poiché attivavano influencer anche molto famosi ma per nulla rappresentativi e adatti al prodotto, servizio o valori che dovevano promuovere. Coerenza e credibilità sono ancora i principali elementi da considerare nel determinare qualità e successo delle campagne di influencer marketing? “Sì, assolutamente. L’influencer marketing è molto utile anche per gli eventi: in queste situazioni, ad esempio, l’errore più comune che ancora spesso mi capita di constatare è quello di scegliere influencer non credibili rispetto ai contenuti. Il segreto per una strategia efficace è un alto livello di coerenza, sia da parte delle aziende o delle agenzie, sia da parte degli influencer che, quando si tratta di professionisti seri, sono i primi a sottrarsi da una collaborazione, se non sono le persone adatte per quella comunicazione”.
Infatti, ci racconta Ilaria, ci sono molti cambiamenti, non solo in relazione alle piattaforme e ai contenuti, ma anche per quanto riguarda le figure profesisonali: “rispetto a 10 anni fa non c’è quasi più nessuno che fa l’influencer per lavoro: i più lungimiranti, innovativi e, spesso, anche più affidabili, hanno sviluppato un proprio business, si occupano di formazione o di social media management e questo conferisce loro maggiore credibilità e professionalità”.
L’altro errore da “penna rossa”? Per Ilaria è senz’altro quello di fare un’attività one shot: “è priva di significato e si rischia di perdere il lavoro fatto, come quando si compare una sola volta in tv. Meglio andare sul medio e lungo periodo, con campagne semestrali o annuali, che si rinnovano e cambiano nel tempo”.
Siete interessati all’influencer marketing per la vostra azienda o PA? Non aspettate a contattarci, parleremo insieme della vostra realtà e vi daremo una mano per mettere a punto una buona strategia!