Secondo l’ultimo report di We Are Social, sono oltre 39 i milioni di utenti in Italia che hanno usato internet nel 2016 e almeno 31 quelli che, nello stesso anno, hanno usato i Social attivamente: come a dire che gli internauti del Bel Paese sono pari 14 volte gli abitanti di Roma, e quelli dei social corrispondono a circa… Lascio a voi il calcolo, perché il punto di questo articolo non è solo quante persone siano online ogni giorno, ma quanti di questi percepiscano e usino il web, e in particolare i Social Network, come canale di comunicazione con le Aziende. Canale su cui è possibile sintonizzarsi sempre, soprattutto quando si presenta qualche difficoltà con il servizio o il prodotto proposto e venduto dal Brand. Ben il 50% dei consumatori usa i Social per risolvere un problema, il 46% per lamentarsi e un buon 35% per ottenere informazioni dalla concorrenza e in questo panorama sorge spontanea una domanda: come fare per gestire tutti commenti, le richieste e gli eventuali reclami, ottimizzando le risorse interne e lasciando soddisfatti i clienti? Come fare, in altri termini, ad attivare un buon Social Customer Service?
Ecco allora che il volume di Paolo Fabrizio “La rivoluzione del Social Customer Service” ci aiuta a orientarci in un mondo di cui è importante imparare a governare le logiche in modo efficace per distinguersi dalla concorrenza e guadagnare consensi (e clienti) in più.
Diviso in 3 macro sezioni (Dal servizio clienti tradizionale al Social Customer Service; L’esperienza percepita dal cliente influenza il business; Come integrare social Network e Servizio Clienti in maniera efficace), il volume edito da Flaccovio Editore è molto agile: ogni capitolo si apre con alcune pillole riassuntive dei contenuti principali, e si conclude con i consigli pratici, i “TIP” come li chiama l’autore. Ma esploriamone meglio i contenuti principali.
3 cose da sapere sul Social Customer Service
1.Breve storia del Servizio Clienti
Prima di tutto, un po’ di storia: “In principio fu il verbo”, ha detto qualcuno. E per verbo, qui, si intende quello parlato, telefonico: la linea diretta con le Aziende è stata – ed è ancora – una delle forme più comuni per richiedere informazioni. Dal 1996 alla cornetta si è affiancato lo schermo, in particolare le mail, che piano piano si sono fatte strada nell’universo del Servizio Clienti, fino a diventare uno degli strumenti preferiti dai consumatori. Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, quello della rete, che naviganti più o meno esperti perlustrano quotidianamente da diversi anni. Con ben due canali attivi (telefono e mail), aziende di tutte le taglie hanno presto adottato “misure di contenimento” dell’utenza che proprio il web ha saputo fornire: dal 2001, infatti, quasi tutti i siti si sono dotati di quella utilissima sezione di risposte precotte che siamo soliti chiamare “F.A.Q” (con assonanza quasi perfetta, e certamente casuale, all’espressione più comune del tipico anglosassone in difficoltà).
Ma si sa: l’uomo è un animale sociale, e niente è più comodo ed efficace di una chat online per risolvere ogni dubbio o incertezza sull’azienda e i suoi servizi. È solo all’alba del 2010, dopo che Mobile App di ogni tipo sono fiorite come funghi sui nostri device, che nasce il vero e proprio Social Customer Service dovuto, come fa giustamente notare Paolo Fabrizio, alla “pressione dei clienti sulle aziende”. Non più, (ed è qui che risiede parte della rivoluzione del titolo), servizi disposti spontaneamente dall’azienda per far fronte alle esigenze dei consumatori, ma richiesti e, anzi, attivati direttamente dai consumatori nei confronti dell’azienda. Indipendentemente dal fatto che quest’ultima fosse pronta ad accogliere questa nuova modalità di fare assistenza, gli utenti hanno infatti iniziato a usare i social per indirizzare richieste di supporto, informazione e approfondimento, che fino a ieri venivano veicolate solo attraverso gli strumenti più tradizionali, negli orari e nei modi (si pensi alla voce automatica tipica dei call center) stabiliti dall’azienda. Nuovi canali significa infatti nuove opportunità di dialogo e, di conseguenza, nuove dinamiche. Anzi, con le parole dell’autore: “una nuova cultura del servizio clienti”, dove pagine e profili non servono solo a ospitare contenuti prodotti solo “dall’alto”, ma anche commenti provenienti “dal basso”. Ma cos’è questo fantomatico “Social Customer Service” e perché è così utile?
2. “Social Customer che?” definizione del Social Customer Service
Lo abbiamo detto, ma è bene ripeterlo: presidiare i canali social non basta più. Essere sui social, e in particolare su Facebook e Twitter, significa aprirsi al mondo dei propri clienti, dei loro commenti e delle loro richieste. E’ evidente che, per alcune aziende più di altre, questo si traduce spesso in domande sui prodotti o servizi acquistati, sulle modalità di pagamento, sui tempi di spedizione. E ancora: offerte, clausole del contratto (si pensi a chi decide di acquistare una polizza online ad esempio) e tutta quelle serie di giusti interrogativi che nella vita reale porremmo al referente di turno. Con la differenza che, mentre nella vita reale le nostre conversazioni con il personale aziendale rimangono private, con i Social tutto diviene pubblico, almeno al primo contatto. Ed è qui che si gioca la partita più importante e torna l’eco di quella rivoluzione del Servizo Clienti che abbiamo udito già prima: la community e i potenziali clienti sono interessati non solo ai contenuti dell’azienda, ma anche al modo in cui questa si rivolge (o non si rivolge) loro e reagiscono di conseguenza. Per questo ignorare un commento o un interrogativo è potenzialmente molto pericoloso.
A conferma di ciò, tra i numeri citati da Paolo Fabrizio ci sono alcune utilissime statistiche che aiutano a farsi un’idea dei volumi che un buon Servizio Clienti Social è in grado di spostare: “Il 53% degli utenti online ha cambiato azienda perché non si è sentito sufficientemente considerato mentre il 25% ha preso la stessa decisione perché stanco di una o più lunghe attese al telefono prima di riuscire a prendere la linea (Dati NewVoiceMedia). […] Il 58% dei consumatori è disposto a spendere di più con le aziende che forniscono loro un servizio clienti di qualità eccellente (American Express, Global Customer Barometer).” Ancora sicuri che il Social Customer Service non faccia per voi?
3.Social Customer Service: sì, ma come?
Se, come recita il proverbio, “chiedere è lecito”, rispondere non è più solo cortesia, ma anche e soprattutto velocità. Secondo quanto riportato da Paolo Fabrizio infatti ben il 66% dei consumatori si aspetta una risposta via social entro un’ora, mentre il 56% addirittura entro mezz’ora! Sono dati significativi e anche allarmanti se calati nella realtà di una pagina Facebook o un profilo Twitter mediamente attivi. Per questo, l’autore consiglia caldamente una revisione interna della struttura aziendale che non può più essere organizzata in compartimenti stagni per nulla o poco integrati tra loro. Davanti alle necessità di un pubblico sempre più attivo e sempre più esigente, è necessario prendere provvedimenti utili a fare di questo un pubblico soddisfatto, affezionato e pronto a difendere e diffondere l’operato dell’azienda online e offline (ben il 78% dei consumatori online raccomanda l’azienda a seguito di un’esperienza positiva). Per questo, un buon protocollo di gestione è utile (ne abbiamo parlato meglio qui), ma non basta. E’ necessario ripensare l’azienda e le sue Units in termini di vasi comunicanti in cui, cioè, le informazioni necessarie allo staff dedicato al Social Customer Care siano facilmente reperibili e condivise.
Condivise sia internamente che esternamente perché, lo ricordiamo, tutto quello che avviene – o non avviene – sui social è pubblico e passibile di giudizio. E’ quello che, qualche anno fa, ha colto e sapientemente sfruttato anche la AT&T, tra le più grandi aziende di telecomunicazione made in USA. Il colosso americano non solo si è dotato di un Customer Service Facebook attivo 6 giorni su 7 e con una rapidità di risposta di 15 minuti, ma ha deciso anche di firmare ogni interazione con il nome del membro dello staff che si è occupato del caso. In questo modo, tutti gli interventi ricevono almeno una prima risposta pubblica e si crea quel rapporto di fiducia tra il privato e l’azienda che rassicura il primo e fortifica la seconda.
Cosa serve dunque per impostare un buon Servizio clienti? Paolo Fabrizio parla di 9 step principali, che possiamo riassumere così:
- Individuare gli obiettivi specifici (come ad esempio, la diminuzione della pressione sulla pagina Facebook o la riduzione dei costi di gestione del servizio clienti tradizionale);
- Tendere bene le orecchie e captare ciò che la community chiede e desidera;
- Stabilire quali canali attivare (Telefono? Mail? Social?) a seconda del proprio pubblico. E’ evidente che per target diversi sarà necessario attivare canali diversi;
- Identificare un team dedicato che sia preparato a rispondere nei tempi e modi giusti a clienti e prospect;
- Prendersi cura della propria forza lavoro, formando e aggiornando ciclicamente il personale;
- Definire procedure e linee guida interne ed esterne all’azienda (come si deve comportare il community Manager nel caso A, B o C?);
- Elaborare un piano anti crisi: è la bestia nera di chi decide di sbarcare sui Social, per questo va previsto un piano di gestione prima che la crisi si verifichi. Tra i casi più esemplari di gestione ottimale di una crisi mediatica ricordiamo quello di Coop, di cui abbiamo parlato meglio qui;
- Attivare strumenti di smistamento, catalogazione e misurazione efficaci (una specie di “to do list” sempre aggiornata e interattiva con cui facilitare il lavoro del team e tenere sempre tutto sotto controllo);
- Misurare il ROI, dato necessariamente legato all’individuazione degli obiettivi iniziali.
Dettagli, esempi, numeri, spunti, consigli e regole: tutto questo e molto altro è il libro Social Customer Service: La rivoluzione del servizio clienti di Paolo Fabrizio e, se non siete ancora usciti a comprarlo, è solo perchè non vedete l’ora di leggere l’intervista (di prossima pubblicazione) che abbiamo fatto all’autore per approfondire qualche aspetto di questa importante rivoluzione.
E voi, avete mai pensato di sfruttare i Social anche per fare Assistenza Clienti?