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L’emergenza sanitaria mondiale del 2020 ha confermato definitivamente, se ce ne fosse stato ancora bisogno, che anche al settore sanitario serve il marketing per comunicare bene.
Diverse ricerche condotte negli ultimi anni mostrano come gli italiani cerchino sul web informazioni e risposte sui loro sintomi: secondo l’indagine Tech4life, realizzata da Confindustria Dispositivi Medici in collaborazione con Community Media Research, “mediamente, una quota oscillante fra il 15 e il 17% fruisce della rete in modo assiduo per fare un’autodiagnosi, approfondire nozioni su cure e terapie, o per conoscere le tecnologie e i dispositivi”.
Il più cliccato? Il “dottor Google”, naturalmente, capace di offrire numerosi “pareri medici”, generalmente ritenuti attendibili dai web surfer della salute, ma considerati pericolosi dai medici in carne e ossa che da più parti e da tempo si appellano alla prudenza, poiché sul web è difficile distinguere le fonti, spesso non scientifiche, ma anche perché ogni paziente ha caratteristiche e storia differenti, per cui ogni diagnosi deve essere personalizzata.
Se a questo scenario si aggiungono le diffuse fake news in campo medico e una certa atavica diffidenza, se non sfiducia, nei confronti di medici e ospedali, le contromosse richiedono, inevitabilmente, un’alleanza col “Dottor Google” e una strategia di marketing sanitario, sia per divulgare informazioni scientificamente corrette, sia per intercettare potenziali pazienti o far scegliere i propri servizi, tanto che oggi molte strutture sanitarie, pubbliche e private, stanno attuando piani di comunicazione digital, puntando soprattutto sui social media.
Tra questi il Policlinico S. Orsola di Bologna si distingue come esempio virtuoso per la sua strategia di social media marketing sanitario, capace in soli 4 anni dall’apertura della propria pagina Facebook, di coinvolgere oltre 105.000 follower, in organico, attraverso una comunicazione emozionale basata sullo storytelling, che ha dato vita a una vera e propria community fidelizzata. Nel 2019 è stata la pagina più seguita tra le Aziende sanitarie dell’Emilia-Romagna, prima per bacino di utenza e per livello di interazione: per questo Noetica ha deciso di fare una chiacchierata con la principale artefice di questo successo, Ilaria Maria Di Battista, bolognese classe ‘87, community manager del Policlinico S.Orsola dal 2016 ai primi mesi del 2020.
Social media marketing sanitario: l’esperienza del Policlinico Sant’Orsola di Bologna
“Sono stata parte dell’ufficio comunicazione, diventando social media manager quasi per caso”, mi racconta Ilaria, quando le chiedo del suo percorso: “Dopo un master in Fundraising, sono arrivata al Sant’Orsola grazie a un tirocinio con Garanzia Giovani, il programma europeo che favorisce l’inserimento lavorativo dei giovani”. Così è entrata nell’ufficio comunicazione e ha aperto la pagina Facebook del Policlinico S. Orsola nel maggio 2016, gestendola autonomamente, con il supporto del responsabile ufficio stampa e la supervisione della Direzione Generale: “è stato un percorso che si è evoluto in modo naturale, fino a costruire una comunità. Il filo conduttore con cui abbiamo voluto raccontare l’ospedale è l’autenticità, per dare voce a chi lo vive: medici, infermieri, oss, associazioni, pazienti e parenti, non solo la dirigenza, compito che invece spetta all’ufficio stampa”. La pagina Facebook è cresciuta, quindi, con il racconto delle corsie e dei loro protagonisti, documentato attraverso parole, immagini e video. Come descrive Ilaria, “l’obiettivo era ricostruire la fiducia verso il personale medico-infermieristico, uscire dall’autoreferenzialità e “aprire” il Sant’Orsola, facendolo conoscere come l’ospedale della città”.
L’ospedale di tutti, quindi, secondo i principi di universalità, equità e solidarietà su cui si fonda il nostro Sistema sanitario nazionale: un panorama che sembra molto distante dalle logiche che sottendono il mondo del social media marketing e dei suoi utenti, che in ambito sanitario, diventano pazienti, una peculiarità di non facile gestione: “la comunicazione in sanità è la comunicazione della vita intera; quel che cambia rispetto a promuovere un prodotto è che qui ci sono di mezzo le persone, per cui la connessione diventa relazione”. Una relazione costruita giorno dopo giorno con i medici, con i pazienti, con i caregiver, i diversi i target a cui si rivolge la pagina Facebook di un ospedale. Ilaria racconta che la fanbase del Policlinico S. Orsola è costituita sia da personale ospedaliero, che opera come brand ambassador, insieme alle associazioni che lavorano come una cassa di risonanza(“una sorta di cerniera tra ospedale e determinati target di pazienti”), sia da cittadini, che utilizzano la pagina per informarsi.
Anche in questo caso, infatti, come abbiamo visto anche intervistando Luca Zanelli sull’uso dei social media per la pubblica amministrazione, i motivi che portano gli utenti a rivolgersi alla pagina del Policlinico sono i più vari e in qualche caso questo aspetto ha rappresentato una difficoltà. In molti altri, racconta Ilaria, Facebook è diventato invece un’opportunità, una fonte di storie a cui attingere: “l’aspetto più difficile è far comprendere ai cittadini le competenze delle diverse realtà, come le asl, gli ospedali o il privato accreditato. È capitato che ci scrivessero pensando di contattare il Rizzoli (Istituto della città dedicato all’ortopedia e alla ricerca n.d.a.)”. La pagina Facebook del S.Orsola, infatti, viene usata dagli utenti come una sorta di Urp, ma senza burocrazia, precisa Ilaria: “capita spesso che arrivino persone da altre regioni per sottoporsi a degli interventi, per cui a volte scrivevano alla pagina Facebook chiedendo dove potevano trovare un hotel vicino, o se potevano avere un secondo parere medico dopo una diagnosi ricevuta altrove, soprattutto in oncologia”.
“La connessione diventa relazione”: il racconto social che coinvolge e crea community
Sembrerebbe impossibile rispondere a tutti e a tutto e invece è proprio in questa capacità di ascolto e di risposta che la pagina del Policlinico S.Orsola si è distinta, creando una community: “Su Facebook il nostro ospedale riceve soprattutto richieste nell’ambito delle eccellenze territoriali, come i trapianti o l’oncologia. In questi casi mi attivavo e le risposte passavano dal caposala e dal Direttore di reparto e nei casi più gravi ci si faceva mandare per pec la documentazione del paziente, per poi girarla al Direttore di dipartimento e offrire una proposta di percorso terapeutico presso il Policlinico. Se non rispondevo subito, si esponevano altri utenti-pazienti o altri medici, si autogestivano, proprio come in una comunità. Tuttavia, era importante rispondere a tutti, anche perché il sito è vecchio e non è improntato a informare il cittadino, per cui nel nostro caso i social cercavano di supplire alle mancanze del sito”.
Un impegno costante, per cui chiedo a Ilaria com’era l’organizzazione del lavoro e se seguisse un piano editoriale e una frequenza di pubblicazione: “la pagina pubblica un post tutti i giorni, compresi i weekend e gli unici post programmati settimanalmente, sono quelli relativi ad eventi, inaugurazioni di macchinari, o per le visite ufficiali (ad esempio in occasione della visita del Cardinale Zuppi), oltre alle uscite stampa”. Per il resto le pubblicazioni sono frutto della collaborazione con le oltre 60 associazioni di volontariato convenzionate con il Policlinico, o con i medici per le “video pillole di salute”, o di recensioni positive che Ilaria ha trasformato in storie per i post, autoproducendo anche dei video, oppure ancora delle campagne di comunicazione regionali o ideate insieme alle Unità Operative per le giornate di sensibilizzazione.
Tra queste, ad esempio, la giornata mondiale contro il tumore al pancreas: “il Direttore ci disse che voleva organizzare una gara podistica aperta ai cittadini per sensibilizzare sul tumore, insieme alle associazioni del territorio”. Potremmo definirla una case history di successo che ha messo insieme storytelling, comunicazione visual e infotainment, come racconta Ilaria: “occorreva promuovere l’iniziativa e far partecipare le persone. Prima la campagna è stata presentata con un articolo sulla stampa, poi insieme ai medici è stata scelta la storia emblematica di un paziente che ho raccontato in un post con un video e con un’intervista di approfondimento scientifico al prof. Riccardo Casadei, che proprio con quel paziente ha aperto la strada a un percorso terapeutico all’avanguardia oggi attuato al Sant’Orsola. Infine la pagina ha pubblicato alcune infografiche con i dati sul tumore al pancreas a livello mondiale. Senza sponsorizzazioni, ma con il passaparola, le interazioni e l’eco delle associazioni, la corsa ha raggiunto 20.000 iscritti, un vero successo”.
Il coinvolgimento della community e l’animazione della pagina con numerose iniziative ed eventi per i cittadini, sono un’altra cifra stilistica della comunicazione Facebook del Policlinico S. Orsola. Tra queste, “Le Stelle di S.Orsola”, un pomeriggio lungo i viali del Policlinico con momenti di incontro, intrattenimento e informazione offerti dal personale medico-sanitario e dalle associazioni di volontariato per capire meglio come funziona l’ospedale e come avere cura della propria salute: “la nostra festa”, la definisce Ilaria, che ha trovato nella pagina Facebook lo strumento perfetto di promozione e coinvolgimento. Ma anche “chiedilo a me”, un ciclo di 50 incontri realizzato nel 2018 per far dialogare il Policlinico e la città. “Si tratta di un face to face con i professionisti, in cui le persone hanno la possibilità di partecipare in piccoli gruppi e fare domande ai Prof. delle diverse specializzazioni per avvicinare i cittadini alle varie tematiche della salute, per far comprendere come non si possa fare una diagnosi online, ma serva il dialogo, il rapporto con il medico e la visita”.
Un format che è stato utilizzato anche per trattare un tema oggi difficile, come quello dei vaccini, in occasione della campagna regionale sull’obbligo vaccinale per i bambini degli asili nido che, come per il tema del tumore la pancreas, andava declinata sui vari canali: “la sfida era conformarsi per informare”, spiega Ilaria citando Boltanski. Occorreva, cioè, individuare gli strumenti e lo stile giusti per raggiungere il proprio obiettivo. “Nel 2017 il prof. Pierluigi Viale – Direttore dell’Unità Operativa di Malattie Infettive – ci ha messo a disposizione numerosi dati scientifici che comparavano la percentuale di conseguenze avverse in presenza o meno del vaccino, in relazione ai 7 vaccini obbligatori. Li abbiamo proposti come infografiche sulla pagina Facebook, generando un dialogo molto partecipato con la cittadinanza e un dibattito, anche acceso, con gli esponenti novax”.
Il post, tra i migliori in assoluto da quando è nata la pagina, ha ottenuto 300.000 visualizzazioni, oltre 80.000 condivisioni e quasi 5.000 commenti, diventando talmente popolare che ne hanno parlato anche i giornali locali. “A quel punto, prendendo spunto da un commento, abbiamo deciso di promuovere un incontro tra il prof. Viale e la sua equipe e i cittadini, cui hanno partecipato circa 150 genitori e che è andato online sulla pagina con una diretta Facebook. Da lì a qualche mese abbiamo promosso l’iniziativa anche all’interno del ciclo di incontri “chiedilo a me” e tutto questo ha generato una relazione fiduciaria con la classe medica”, evidenzia Ilaria.
Anche se non è possibile quantificare il numero di persone che sono state “convinte” da questa campagna di informazione e comunicazione, Ilaria mi racconta che la sensibilizzazione e il dialogo promossi con questi incontri hanno dato manforte alla campagna vaccinale regionale, tanto che in Emilia Romagna è stato raggiunto l’obiettivo, con una copertura vaccinale molto alta che ha fatto superare la soglia fissata per l’immunità di gregge.
Come gestire critiche e situazioni di emergenza? “Ammettere l’errore è fondamentale”
Una realtà come un ospedale, a cui le persone affidano la propria salute, e una pagina Facebook così numerosa e attiva, vivono inevitabilmente di luci e ombre, per cui chiedo a Ilaria come gestiva le recensioni negative e se ci sono stati dei momenti critici: “ammettere l’errore è fondamentale”, risponde, “la messaggistica era l’occasione di ascolto per conoscere le richieste dei pazienti e migliorare il sito, il piano editoriale e i canali di comunicazione. Lamentele e reclami non mancano, ma tramite la messaggistica privata, le persone alla fine apprezzano e ringraziano, perché capiscono di parlare con una persona e, soprattutto, di essere ascoltati. È capitato spesso che una recensione negativa si trasformasse in un’opportunità”.
Un ospedale, tuttavia, ha a che fare con la vita e la morte, quindi occuparsi di social marketing sanitario comporta anche dover affrontare delle tragedie. “Nel 2018 una mamma morì di parto, a seguito di una complicanza, ne hanno parlato tutti i giornali. Comprensibilmente lo stupore e l’indignazione delle persone erano fortissimi e non si sapeva come reagire. Io, lavorando in ospedale a stretto contatto con gli operatori, ho respirato tutta la disperazione del reparto, dei medici e degli infermieri che non erano riusciti a salvarla. Così, in accordo con la Direzione Generale, ho proposto di riprendere il comunicato diffuso dall’ospedale e pubblicarlo come post col titolo “Non sempre tutto il possibile è abbastanza”. È stata una situazione molto difficile, ma era fondamentale dare voce ai professionisti di ostetricia, per esprimere il loro dolore e anche per raccontare la verità, ovvero che nella sanità e nella medicina si può fallire”.
Quel post ha ricevuto tante critiche, mi racconta Ilaria, ma anche tanto apprezzamento, tante dimostrazioni di affetto e di rispetto verso medici e infermieri che ammettevano che non è sempre possibile fare bene e che la medicina ha sempre davanti continue sfide, ma non tutte si vincono: “questo contraddistingue il lavoro sui social di un ospedale: per raccontare la sanità serve una comunicazione sincera, trasparente e calorosa, anche se è complesso, perché abbiamo a che fare con le vite delle persone”, conclude Ilaria.
Un ottimo spunto anche per altri settori e per tutti i professionisti della comunicazione digital, perché in fondo l’ospedale è davvero lo spazio di tutti e la sua comunicazione e relazione con gli utenti andrebbero studiati come emblematici casi studio: ascolto, trasparenza, personalizzazione delle risposte e stile caldo e immediato possono essere la chiave per restituire un servizio che sia davvero utile e per salvarci dalla “solitudine del social media manager”?