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Sapete cosa si intende per social media policy interna? È quel documento che – seppur non dovrebbe mai mancare in fase di apertura e gestione di profili social – finisce quasi sempre per essere trascurato da chi si fa carico della comunicazione online del brand. Perché l’immagine di un’azienda si costruisce anche grazie ai dipendenti stessi, per cui una corretta comunicazione è fondamentale.
Ma a cosa serve davvero la social media policy interna e come scriverla? Ve lo spiego in questo articolo.
Cos’è la Social media policy interna
Quando si è in procinto di aprire (o si ha già) un profilo social o una pagina web aziendale, si è subito proiettati verso il mondo esterno (clienti, prospect, stakeholder, etc.). Comprendere il proprio target, il modo in cui lo si vuole avvicinare, gli argomenti con cui catturare la sua attenzione sono senz’altro le prime domande che bisogna porsi. Ma non possono essere le uniche. Oltre al mondo esterno, infatti, esiste un altro importante interlocutore, che si tende troppo spesso a perdere di vista: il personale interno all’azienda. Chi meglio delle persone che ogni giorno ci lavorano può conoscerne la realtà e difenderne i principi? E chi meglio di loro può, per altro verso, danneggiarla con contenuti non autorizzati o, peggio ancora, ridicoli o diffamatori? Regolare anche questo flusso di informazioni non è solo importante: è fondamentale per avere sempre il polso di ciò che si dice sul web, sfruttandone a pieno le potenzialità ed evitando incidenti sgradevoli. Per farlo è indispensabile dotarsi di una social media policy interna.
La social media policy interna, infatti, è un documento indirizzato al personale dell’azienda che mira a sensibilizzarlo e informarlo sull’uso corretto dei social media sia quando parla dell’azienda, sia quando interagisce con l’azienda e le sue pagine ufficiali. Si tratta, in altre parole, di una guida condivisa tra tutti i dipendenti affinché siano coinvolti attivamente – e correttamente – nella vita online del brand. Una specie di manuale di comportamento, comprensivo di indicazioni, buone norme ed eventuali sanzioni, che aiuti il personale a parlare dell’azienda, o con l’azienda, senza commettere errori apparentemente ingenui e potenzialmente molto dannosi.
Da questo punto di vista, la storia di due dipendenti di Domino’s Pizza è esemplare. Un video caricato su YouTube qualche anno fa mostra infatti due cuochi della nota catena statunitense di pizze a domicilio intenti a manomettere (ed è un eufemismo) le pietanze destinate agli ignari clienti. Altro che capello nel piatto: i due ingegnosi umoristi sono stati prontamente licenziati dall’azienda che si è scusata pubblicamente, ma il caso mediatico, intanto, era scoppiato. Ora, non è possibile affermare che con una social policy interna questo episodio non si sarebbe potuto verificare ugualmente. Tuttavia, possederne una è comunque un modo per disincentivare comportamenti sconsiderati e appellarsi al suo contenuto in caso di contravvenzioni simili.
Come scrivere una social media policy interna efficace: 5 regole da seguire
Scrivere una social media policy interna incisiva e condividerla con il resto dell’azienda è dunque il primo passo per evitare inconvenienti spiacevoli, per l’azienda stessa e per i suoi dipendenti. Proprio questo è il primo argomento chiave che va trasmesso: la policy non serve solo all’impresa, ma prima di tutto a chi ci lavora. Ecco 5 consigli utili per scrivere una social media policy corretta.
1) Selezionate bene i contenuti
Cosa volete dire ai vostri dipendenti? Quali sono le azioni che sono invitati a fare e quelle che invece sarebbero da evitare? Come si è detto, la community dell’azienda parte dall’interno: prima di cominciare con la lista dei “non si fa”, spiegate ai vostri dipendenti ciò che invece “si fa” – e fa tanto bene fare – come ad esempio: like alla pagina ufficiale del brand, condivisione degli articoli del blog, commenti positivi o di interesse comune… Rendeteli partecipi della vostra missione e incoraggiateli a contribuire alla vita online dell’impresa, cercando di far capire loro perché è utile condividere una social media policy interna che protegga non solo il buon nome dell’azienda, ma anche la loro stessa professionalità.
Vi dirò di più: un personale informato e partecipe può trasformarsi in un vero e proprio brand ambassador. In gergo si chiama social media advocacy ed è quella serie di attività volte a trasformare le risorse interne in ambasciatori e portavoce del brand. Lo ha fatto in modo magistrale UniCredit che ha elaborato un programma formativo indirizzato ai suoi dipendenti: nel 2015 ben 40 dipendenti sono stati eletti brand ambassador del brand, una strategia che ha portato a migliorare esponenzialmente il tasso di engagement della comunicazione aziendale.
Fatti i DOs, passate ai DONTs. Non è necessario scervellarsi tanto, partite da ciò che vale già per l’offline: uso dei loghi aziendali, codice etico, uso di materiale coperto da copyright… ciascuno di questi può rappresentare un punto della vostra social media policy interna. Quindi, concentratevi su ciò che, purtroppo, può accadere online: diffusione di notizie false (fake news), insulti e uso di linguaggio volgare, commenti negativi, etc. Cosa deve o non deve fare il personale in questi casi?
2) Scegliete il tone of voice
Stabilito il contenuto, è necessario soffermarsi sulla forma. Che tono volete usare per parlare ai nostri dipendenti? A seconda di come vi rivolgerete ai destinatari della policy, questa potrà suonare come un diktat perentorio e poco amichevole, o assumere l’aspetto di un suggerimento che è tanto meglio seguire piuttosto che ignorare. Il mio consiglio è di scegliere un registro che sia in linea con il resto della comunicazione aziendale e che tenga conto dell’obiettivo finale: se ho sempre dato del “lei” ai miei dipendenti, continuerò a farlo anche nella mia social media policy interna; mentre non ha senso improvvisare un tono altisonante e distaccato se ho sempre approcciato i miei collaboratori con un semplice “tu”. La comunicazione deve essere efficace e coinvolgente, quindi il primo passo è che sia coerente con quanto sempre fatto.
3) Esponete tutto in modo chiaro
A braccetto con il punto 2 e a servizio del punto 1, la chiarezza espositiva è l’asso nella manica per far sì che la social media policy interna venga letta. Se il tono di voce aiuta a definire se usare il “tu” o il “voi”, il “è vietato” o il “cerca di non…”, l’essere chiari serve a confezionare un documento che sia facilmente comprensibile, memorabile e seguito. Per farlo, è possibile adottare alcuni escamotage utili a rendere la policy snella e immediata. Dopo aver sintetizzato i Do’s e Don’t’s in 10 punti chiave (magari chiamati “Linee guida” e non, ad esempio, “Diritti e doveri dei dipendenti sul web”), servitevi di altrettanti piccoli slogan per introdurne i contenuti: aiuterete il lettore a focalizzare l’attenzione sull’argomento trattato. Ad esempio: “Se vale online, vale anche offline”, “Rispetto prima di tutto” oppure, con una formula molto comune in documenti di questa natura, “Pensa prima di postare”, e così via.
Infine, se volete evitare di creare una social media policy infinita, ma che contenga comunque tutte le informazioni utili, aggiungete un breve glossario finale in cui illustrare cosa si intende per social media e quali sono i social attivati dal brand. In questo modo, darete la possibilità a tutti i dipendenti di entrare subito nel vivo della questione, di approfondire e disambiguare eventuali terminologie o argomenti a loro estranei. TNT, la cui social media policy è particolarmente chiara, si è spinta anche oltre. Insieme al documento citato, ha predisposto uno schema con tanto di frecce e insiemi con cui orientarsi nel percorso sui social media: una sintesi grafica e visiva sicuramente molto efficace.
4) Definite conseguenze e sanzioni
Non mi soffermerò molto su questo punto, per due ragioni: primo, perché non c’è una regola generale né su quanto un dipendente possa sgarrare, né su come si debba intervenire. In fondo, ogni genitore educa i propri figli come crede. Il secondo motivo è che, molto spesso, le aziende preferiscono omettere questo argomento per evitare di andare a fissare procedure che, in un ambito così liquido e malleabile come il web, rischiano di essere controproducenti. Il mio parere è che, comunque, sia necessario se non proprio stabilire conseguenze e sanzioni in modo ferreo, quanto meno menzionarle e rendere noto che, in caso di comportamenti difformi da quanto citato, si valuteranno misure e provvedimenti ad hoc.
5) Diffondete e “traducete”
Confezionata la social media policy interna, è il momento di farla leggere a tutti. I metodi possono essere vari, anche se una bella comunicazione mail non è mai sbagliata. In alternativa, e in aggiunta, è possibile caricare il documento sull’Intranet aziendale o, perché no? Tradurla in un ulteriore oggetto di comunicazione, magari più invogliante della carta stampata, come ad esempio un video o un’infografica da caricare sul sito.
Bene, ora che conoscete i segreti della social media policy interna non vi resta che sedervi a tavolino ed elaborarne una. Ci avete già provato?