Più veloce di una raffica di vento e ancora più repentino e inaspettato di un temporale estivo, l’algoritmo di Google si abbatte periodicamente sulla SERP – ovvero sulla pagina che riporta all’utente i risultati delle sue ricerche – scompigliandone l’assetto, apportando modifiche spesso sostanziali all’ordine dei risultati mostrati, magari compromettendo un lungo lavoro di posizionamento organico svolto sulle pagine di un sito.
Essere faticosamente risaliti in prima pagina e poi ritrovarsi “retrocessi” senza un’apparente motivazione? Purtroppo può succedere ed è il vero incubo di ogni responsabile marketing e comunicazione d’azienda!
Questi cambi di algoritmo possono cogliere di sorpresa i non addetti ai lavori ma, il più delle volte, vengono comunicati da Google con un certo preavviso. Per questo abbiamo deciso di dedicare un articolo alle modifiche SEO previste nel corso del 2021 con l’obiettivo di suggerire alle aziende delle linee guida da seguire in caso di realizzazione di un nuovo sito o di modifiche ad un progetto web già realizzato.
Mobile First? Mobile ONLY!
Già da tempo Google “premia” con un miglior posizionamento in SERP i siti che possono vantare una versione mobile facile da usare e con tempi di caricamento veloci. Le indiscrezioni che giungono da Mountain View sembrano indicare che – da marzo 2021 – Google attuerà un’ulteriore stretta ai parametri richiesti e che potrebbe addirittura arrivare a considerare – ai fini dell’indicizzazione – SOLO la versione mobile di un sito.
È chiaro l’intento di Google di garantire all’utente – che sempre più naviga da mobile (67% degli users mondiali, secondo un’indagine di WeAreSocial e HootSuite) – un’esperienza il più possibile fluida e piacevole.
Questa modifica avrà un forte impatto sulla progettazione di un sito che dovrà avvenire a partire dalla sua versione mobile e non – come purtroppo si tende a fare – nascere per il desktop per poi venire malamente “declinato”. Pensiamo ad esempio alla progettazione del menu di navigazione che, d’ora in avanti, dovrà essere il più possibile snello e realizzato con pochissime voci per la gioia di quelle realtà che non hanno il dono della sintesi ;-).
Se volete verificare il punteggio che Google ha dato alla versione mobile del vostro sito (e preoccuparvi in caso di giudizio negativo!) potete utilizzare PageSpeed Insights di Google.
L’utente al centro dell’esperienza di navigazione
La primavera 2021 si prospetta davvero caliente se pensiamo che – a maggio 2021 – Google introdurrà anche il “Page Experience” per valutare l’esperienza in pagina fornita dal sito ai suoi utenti. Questa ennesima novità non fa altro che accrescere l’importanza di alcuni fattori tecnici quali – ad esempio – i tempi di caricamento, l’ottimizzazione per i dispositivi mobile, la presenta del protocollo di sicurezza https, la mancanza di annunci intrusivi o di altri contenuti che possono disturbare il lettore mentre la pagina viene caricata.
Come riconosceremo un sito che mette l’utente davvero al centro dell’esperienza di navigazione? Si parla con ogni probabilità di un “bollino di qualità” associato al risultato fornito da Google in SERP.
Ma in attesa di vedere i primi “bollini”, Google ci ha informati che continuerà a dare priorità alle pagine che forniscono le migliori informazioni complessive, sancendo di fatto la supremazia del contenuto di qualità, interessante e pertinente.
Il contenuto sarà “the king”, anche nel 2021
Le novità che ci prepariamo ad affrontare non hanno scalfito dunque la centralità data da Google alla qualità dei contenuti per un buon posizionamento organico.
Anche in questo caso, però, Google ha introdotto un criterio di valutazione interno – definito Google EAT dove l’acronimo sta per Expertise (Esperienza), Authoritativeness (Autorevolezza) e Trustworthiness (Affidabilità) – per sancire in maniera oggettiva quali contenuti siano da premiare in SERP; ancora una volta, possiamo leggere in questa “operazione” l’intento di migliorare costantemente l’esperienza di ricerca dei suoi fruitori e di esaudire le loro aspettative.
Un’azienda che desideri migliorare il proprio posizionamento SEO deve, quindi, pubblicare testi utili da cui emerga chiaramente l’esperienza rispetto ai temi proposti e l’autorevolezza ovvero la capacità di farsi riconoscere come autorità in un settore o rispetto alla materia affrontata. Infine, il principio dell’affidabilità deve salvaguardare il lettore da informazioni di bassa qualità e potenzialmente nocive.
Da qui deriva per l’impresa l’arduo compito di:
- conoscere il target e risalire ai suoi bisogni informativi;
- analizzare l’intento di ricerca dell’utente per rispondere al meglio alle sue esigenze;
- creare un piano editoriale – cioè un calendario delle pubblicazioni – che traduca tutti questi elementi in articoli;
- reperire fonti attendibili da utilizzare citando anche statistiche e dati di riferimento (specie se si scrive di temi delicati riguardanti la salute, ad esempio);
- aggiornare costantemente i contenuti, soprattutto se sono sopraggiunti elementi che l’utente dovrebbe conoscere;
- ed infine proporre formati adatti al target, oltre che per soddisfare il bisogno di varietà di contenuti di Google (elemento che affronteremo nell’ultimo capitolo), anche per venire ulteriormente incontro all’utente: se parliamo di adolescenti, ad esempio, il video può essere considerato il “tramite” più appropriato, mentre lo è sicuramente meno per gli over 50.
I contenuti long form si posizionano meglio
Lo sforzo redazionale di un’azienda si deve inoltre orientare verso la creazione di testi long form che ottengono più traffico, più condivisioni e molti più link in entrata (che Google considera alla stregua di “consigli di lettura”) rispetto ad articoli più brevi.
Se state pensando che un’attività editoriale così impostata rappresenti una vero e proprio “lavoro” non avete tutti i torti: si traduce, infatti, nella creazione e gestione di un piano editoriale dei contenuti e nella redazione di articoli in ottica SEO.
Ma più del contenuto in SERP conterà … la varietà!
Vi ricordate quando – a fronte di una ricerca – Google ci restituiva una pagina con 10 link blu da cliccare? Si trattava di una pagina semplice e veloce da consultare poiché offriva, di fatto, solo risultati testuali per orientare i successivi approfondimenti del lettore.
Ora la SERP di Google si è evoluta – anche graficamente – in una direzione completamente diversa, a partire dal suo obiettivo: non transitare il lettore verso altri spazi, ma rispondere ai suoi quesiti già in SERP grazie al maggior numero possibile di informazioni avanzate e di qualità – definite SERP Features – relative ad una query.
Volete un esempio? Provate a cercare su Google “Prima Guerra Mondiale” e vedrete che i contenuti testuali occupano solo una piccola parte dei risultati proposti da Google che sono, per lo più, video, immagini, podcast di approfondimento, FAQ (ovvero domande e risposte frequenti), etc…Prima l’utente doveva cliccare su un risultato per scoprire la data in cui scoppiò il conflitto, ora invece può reperire questo e altri dettagli senza abbandonare il motore di ricerca.
La nuova “fisionomia” della SERP Google ha impatti potenzialmente devastanti sulle strategie di posizionamento organico di un brand se l’azienda non ha la lungimiranza di includere nelle attività di content marketing anche la creazione e diffusione di contenuti alternativi – come ad esempio i podcast, vera e propria rivelazione del 2020 in forte crescita anche in questo 2021 – da dare in “pasto” ad un Google sempre più alla ricerca di … varietà!