Hai mai cercato il tuo nome e cognome su un motore di ricerca, come Google?
Al giorno d’oggi, tutti noi utilizziamo il web per trovare informazioni su persone e aziende, oltre che su temi di qualsiasi genere. Ciò che è meno evidente, ma molto alta, è l’influenza che i risultati della ricerca generano sulle nostre scelte.
Se sono presenti contenuti negativi, questi possono ledere la reputazione di un privato o di un’azienda, procurando difficoltà insidiose. Nel caso di un privato, il problema può coinvolgere la sua occupazione o la ricerca di un nuovo lavoro, fino all’accesso al credito; nel caso di un’azienda, si può generare una grave crisi di immagine.
Ecco allora che diventa fondamentale tutelare la propria web reputation, cioè tutto l’insieme delle opinioni e delle percezioni espresse in rete e sui social a proposito di un certo argomento, e in questo caso sulla persona o impresa.
Non sempre, tuttavia, possiamo mantenere il controllo delle informazioni che circolano su di noi in rete. Inoltre, anche terze parti possono caricare contenuti che ci riguardano o scrivere sul nostro conto in pagine web, post o commenti.
Come fare, dunque, in questi casi? E come la tecnologia può aiutare ad affrontarli?
Ne parliamo con Tutela Digitale, un team dal background e competenze diverse, da quelle giuridiche a quelle tecnologiche, finanziarie e web, che ha l’obiettivo di risolvere le problematiche di reputazione online di aziende e privati.
In quali casi è utile ripulire la propria identità digitale?
I casi di contenuti negativi che ledono la reputazione possono verificarsi sia a persone che ad imprese. Entrambe le situazioni possono generare ricadute alquanto dannose a livello personale e occupazionale: vediamo quali.
I privati: quando l’immagine non corrisponde più alla persona
Nel privato, un caso frequente è quello di una persona che decide di cambiare completamente tipo di lavoro, ma il web contiene diversi elementi riguardo la sua precedente carriera e in conflitto con la nuova occupazione. Questa dinamica avviene anche in caso di cambio di scelte politiche o religiose. Tuttavia, un individuo non può essere per sempre identificato in confini e contenuti specifici, ma occorre intervenire per liberare la sua immagine.
Un altro esempio è quello di un privato con apparenti problemi con la legge, che risultano poi infondati. La vicenda, tuttavia, può lasciare importanti segni lesivi sulla sua reputazione.
Le imprese: dalla crisi di prodotto o servizio agli scandali sul CEO
Anche le aziende vengono colpite da crisi reputazionali, che hanno due origini: la prima si verifica quando è coinvolto un prodotto o un servizio; in questo caso, è fondamentale che l’azienda possegga un piano di prevenzione e gestione della crisi, per essere in grado di reagire alla criticità appena si presenta.
La seconda origine si concretizza quando il CEO o una persona influente all’interno dell’impresa è al centro della crisi di immagine, che può generare conseguenze su tutto il team e sull’azienda stessa.
I soggetti ai vertici delle aziende, infatti, hanno una doppia responsabilità e dovrebbero controllare la propria immagine online, per esempio tramite un sistema di monitoraggio come Link Monitor, che controlla la reputazione di persone, marchi, prodotti e competitor informando in tempo reale sulla presenza di contenuti negativi.
In entrambi i casi, occorre ricordare che per gli utenti è sempre più centrale sapere chi si nasconde dietro a un prodotto o a un servizio, come se ne parla e chi ne parla.
Come si coniugano l’approccio legale e quello tecnologico nella tutela dell’immagine online?
Senza dubbio, si abbracciano l’uno con l’altro: questo è il segreto dell’approccio verso la reputazione online. Un contenuto negativo, nella maggior parte dei casi, viola un diritto. Se lo considerassimo dal solo punto di vista legale, si potrebbe inviare una diffida o iniziare una causa per chiedere i danni; queste procedure, tuttavia, necessitano di tempo dovuto sia all’offline che all’ambito giudiziario. Un soggetto attaccato da un contenuto negativo online, dall’elevatissima velocità di diffusione, non ha tempo da attendere ma al contrario necessita di una soluzione tempestiva che ne interrompa la circolazione. Infatti, un contenuto lesivo può causare danni nel giro di secondi. È a questo punto che entra in gioco l’innovazione con strumenti, come Link Killer, efficaci sia dal punto di vista tecnologico, per la velocità di azione, che dal punto di vista legale, per le collaborazioni previste con i player del web.
A fare la differenza è la gestione umana della tecnologia, guidata da un know how costruito dalla valutazione di molti casi reputazionali.
Un altro strumento interessante è l’algoritmo reputazionale, con cui è possibile “psicanalizzare” il comportamento di ogni player, dal webmaster all’Internet Service Provider fino al Titolare del sito o blog, per capire come si comportano di fronte a una richiesta di collaborazione o di rimozione di un contenuto e comprendere se il player in questione è più suscettibile alla violazione del diritto all’immagine o alla violazione del diritto all’oblio.
Cos’è il diritto all’oblio e come funziona?
Il Diritto all’oblio è uno dei diritti più importanti del GDPR. Nello specifico, permette al soggetto i cui dati si stiano trattando di richiedere un’eliminazione del contenuto che non si consideri più attuale. È sulla sua base che Tutela Digitale ha fondato la propria attività e lo strumento Link Killer, che elimina dal web i link dannosi per la propria reputazione online. È un diritto facilmente azionabile all’interno della Comunità Europea, ma con l’avvento del GDPR anche gli altri paesi ne sono più sensibili.
Dubbia, invece, è la sua durata, che dipende da più fattori:
- il tipo di evento
- il carattere soggettivo del valutatore e della testata giornalistica
- il paese
Alcuni paesi sono più sensibili al diritto all’oblio, altri privilegiano maggiormente il diritto all’informazione.
E se non si riesce ad eliminare un contenuto che lede la reputazione, come si procede?
Quando non si riesce a eliminare un contenuto lesivo, la prima cosa da valutare è il motivo, per procedere di conseguenza individuando lo strumento migliore. Nella maggior parte dei casi, è una questione di tempo.
In altri casi, la causa sono siti che hanno lo scopo di attaccare o distruggere la reputazione di un’azienda, quindi non può esistere una collaborazione. Se l’intento è diffamatorio, l’eliminazione di un contenuto potrebbe rivelarsi inefficace e potrebbero esserne creati altri in breve tempo. La strategia dev’essere, quindi, diversa. Un’efficace soluzione è Link Better, il servizio volto all’inserimento di contenuti positivi per migliorare la reputazione online grazie ad attività di link building e digital PR che fanno arretrare i risultati negativi dalle prime pagine di Google.
Ecco, infine, che oggi e ancor più nel futuro occorre agire sul web con pensiero critico per tutelare la propria reputazione e seguire due indicazioni fondamentali. La prima è il monitoraggio e la conoscenza di ciò che si dice di noi e della nostra azienda sul web, per riuscire ad affrontare tempestivamente eventuali contenuti dannosi. La seconda è averne il controllo: se non pubblichiamo nulla su di noi e non c’è nessun tipo di contenuto che ci riguarda sul web, nel momento in cui arriva una crisi reputazionale di qualsiasi genere la situazione diventa complessa, poiché vi sono solo contenuti negativi che possono lasciare segni lesivi importanti sull’immagine online.