Cosa significa, è presto detto: il copywriting persuasivo è quel tipo di scrittura che mira a convincere chi legge a fare qualcosa. Nel mondo del web le persone si chiamano utenti e le azioni da compiere si traducono in clic. Ma clic su cosa e a che scopo? Volendo ridurre tutto ai minimi termini, possiamo dire che il fine ultimo del marketing, on e offline, è vendere: un prodotto, un servizio, un’idea. Per farlo, ci si serve di pubblicità, ovvero banner, annunci, post, contenuti. Ed è qui che entra in gioco il copywriting persuasivo perché i testi, insieme alle immagini, alla grafica e ai video, concorrono a suscitare l’interesse dell’utente durante la sua navigazione (apparentemente) libera per cercare di trasformarla in una customer journey guidata (e tracciata) dal primo all’ultimo clic. Oggi si sente parlare sempre più spesso di attention economy, ovvero dell’economia dell’attenzione, una merce molto rara da ottenere in un mondo fatto di stimoli continui, dentro e fuori dallo schermo. Anche per questo, saper dire anzi scrivere le cose giuste, al momento e nei modi giusti, diventa uno strumento di conversione fondamentale. Vediamo allora come il copywriting persuasivo può essere sfruttato in questo senso e come far propria una tecnica di scrittura così importante.
Prima di scrivere, studia
Regola numero uno del copywriter: prima della penna (o della tastiera) viene il libro (o il brief, il materiale informativo, ecc..). In altre parole, prima di poter scrivere in modo convincente di qualcosa è necessario studiarla. Che si tratti di un prodotto o di un servizio, il primo step è conoscere davvero, per bene, l’oggetto che si intende promuovere, altrimenti come si fa a spiegarlo? Secondo viene il target: capire chi potrebbe essere interessato ad acquistare quel particolare oggetto o ad avvalersi di quelle specifiche prestazioni è fondamentale per dare voce al suo desiderio e rispondere in modo adeguato ed efficace.
Studiare il prodotto: alla ricerca della USP
Quante volte ci siamo trovati di fronte ad annunci che dichiarano l’assoluta unicità di una certa cosa e la sua capacità di aderire perfettamente ai nostri bisogni e “solo per oggi in offerta speciale alla modica cifra di euro-virgola-novantanove”? Non dubitiamo che ciò che offriamo (o che offre il nostro cliente) sia impareggiabile, ma dirlo non basta, bisogna dimostrarlo e far sì che qualcun altro ci creda. La prima cosa da fare, allora, è capire quali sono i tratti distintivi della nostra proposta, cosa cioè la rende diversa dagli altri: quello che i markettari d’oltreconfine chiamano unique selling proposition (USP), l’argomentazione esclusiva di vendita. È questo che rende unico il nostro prodotto/servizio rispetto a tutti gli altri sul mercato ed è precisamente su questo che dovrà fare perno la sua comunicazione. Meglio ancora se, più che la semplice affermazione di qualità nuda e cruda, si ricorre alla traduzione di quella stessa qualità in un vantaggio o in un beneficio specifico per l’acquirente. Facciamo un esempio banale: dire che i cereali XY “contengono fibre” non è lo stesso che dire che “sono ricchi di fibre” (una formulazione che già di per sé fa un altro effetto) e non è ancora lo stesso che dire che “sono ricchi di fibre, per sentirti leggera e in forma”: questo, in ultimo, è il vero vantaggio dell’ingrediente in più, ed è ciò che può convincere il consumatore a fidarsi della ricetta specifica di quei cereali preferendoli ad altri che pure hanno le fibre ma non assicurano lo stesso benessere. A ben guardare, quasi tutte le promozioni funzionano allo stesso modo, anche quelle più spinte: se un prodotto è in sconto non si dirà che, comprandolo, si spenderà meno rispetto al prezzo pieno (azione che viene percepita comunque con un segno negativo nella mente e nel portafoglio del consumatore), ma che si risparmia di più (richiamando così la conservazione dei soldi, quindi con segno positivo).
Oltre ai pregi del prodotto o dell’offerta in corso, un buon copywriter persuasivo sa anche quali sono i suoi difetti e, quando occorre, li sa sfruttare a proprio favore (nei limiti del possibile, certo). Torniamo ai cereali di cui sopra e fingiamo che ve ne siano di due tipi: quelli che a contatto con il latte rimangono decisamente croccanti, quasi duri, e quelli che invece si ammorbidiscono diventando persino molli. Per i primi, difenderemo la loro fragranza riferendoci ad esempio alla soddisfazione di “mordere la vita fin dalle prime ore del mattino, per partire con sprint”; mentre per il secondo caso potremmo parlare di: “una golosità facile da mordere, perfetta per tutte le età”, puntando così implicitamente sui soggetti che hanno più difficoltà di masticazione, come gli anziani e i bambini piccoli. Per fare questo, però, è fondamentale conoscere a fondo ciò che si descrive: il suo aspetto, la sua ricetta, i suoi effetti e i suoi punti deboli. E, ancora di più, il nostro pubblico di riferimento.
Il target: chi sono le nostre buyer personas?
A chi ci stiamo rivolgendo? Chi dobbiamo cercare di raggiungere e convincere? Senza la risposta a questa domanda, non è possibile fare un buon lavoro di copywriting persuasivo, che sia sul web o su un cartellone pubblicitario. Il gergo markettaro ha coniato un termine anche per questo (il marketing è pur sempre il miglior venditore di se stesso, no?): buyer personas. Le buyer personas corrispondono al profilo degli acquirenti ideali e vanno costruite a tavolino ipotizzando età, genere, interessi, stile di vita, ecc., proprio come se si trattasse di personaggi (traduzione dell’inglese “persona”). È evidente che non si tratta di invenzioni tout court, ma di un mix di immaginazione e analisi. Soprattutto se si tratta di web marketing, infatti, avremo modo di tracciare con esattezza una serie di comportamenti e dati: sapremo, ad esempio, se chi visita il nostro sito o risponde alle nostre inserzioni è maschio o femmina, che età ha e da dove naviga, che interessi ha (dove ha cliccato o a quale annuncio ha risposto) e così via. Dividendo queste metriche in cluster è possibile scendere nel dettaglio fino a definire alcune tipologie di utenti, dei quali arricchire il profilo con ulteriori informazioni aggiuntive, utili per caratterizzarli ancora meglio. In questo modo potremo avere una scheda descrittiva per ogni tipo di persona e saremo enormemente facilitati nel rivolgerci a loro con linguaggio e argomentazioni appropriati, interpretandone i bisogni reali o fittizi che siano. Bene, ora che abbiamo movente e identikit, non resta che apportare il piano di assalto alla coscienza innocente dei nostri utenti.
Tecniche di copywriting persuasivo
Sappiamo cosa dire e a chi dirlo, ma da dove si comincia? C’è una buona e una cattiva notizia: la cattiva è che non esiste un metodo universale, perché ogni cliente e ogni progetto ha una sua storia e le sue specificità; la buona è che si possono però adottare alcuni stratagemmi per assicurarsi di fare un buon lavoro o, quantomeno, di non commettere errori grossolani. Ecco allora la nostra lista delle 4 regole utili quando ci si approccia al copywriting persuasivo.
1) Benefici, vantaggi e caratteristiche
Il primo trucco del mestiere, in realtà, lo abbiamo già svelato: mettere in primo piano i benefici per l’utente e fare leva sui suoi bisogni, latenti o espressi, creare empatia. Il beneficio ci aiuterà infatti a far sì che il destinatario dei nostri testi si immedesimi nella situazione descritta e immagini il miglioramento che potrebbe derivare dall’azione che lo si invita a fare, come ad esempio l’acquisto di un prodotto. Diverso è invece il vantaggio che comporta quel prodotto/servizio: questo è infatti proprio di quell’oggetto o attività e va valorizzato in quanto tale. Infine le caratteristiche, ovvero le qualità intrinseche di ciò che stiamo proponendo: i suoi materiali, il suo colore, la velocità di esecuzione di determinati passaggi, ecc. Facciamo un esempio: mettiamo il caso di dover promuovere una nuova idropulitrice molto potente. Il beneficio per l’utente sarà possibilità di avere più tempo libero, perché il vantaggio garantito dalla macchina è di impiegare solo metà del tempo di una idropulitrice normale. La sua caratteristica è, infatti, il motore doppio invece che singolo. Quindi, in una frase: “Prova la nuova idropulitrice XYZ e smetti di pensare alle pulizie! Dimezza il tempo di azione grazie al doppio motore brevettato..”. Probabilmente, se invertissimo l’ordine delle informazioni e dicessimo alla signora Maria (identificata come la nostra buyer persona) che l’idropulitrice è dotata di un doppio motore che le consente di pulire ancora meglio e che le fa risparmiare tempo, per quanto logico possa essere, non avrà la stessa efficacia perché non esprimerebbe in modo immediato e chiaro il desiderio inconscio dell’utente, ovvero togliere tempo alle faccende domestiche. Quindi, in una formula magica: BVC (benefici, vantaggi e caratteristiche).
2) Fare la domanda giusta
Per aiutare il processo di immedesimazione dell’utente, uno degli accorgimenti più comuni è quello di rivolgere loro una domanda. Retorica, chiaramente. Il fulcro, infatti, non risiede nella domanda, quanto nella risposta. Facciamo qualche esempio: “stanco delle solite vacanze?”, “cerchi una dieta sicura e veloce?”, “sicuro di voler comprare una macchina usata”?. In tutti questi casi la risposta è “sì” e la soluzione è ovviamente il prodotto/servizio che si sta promuovendo. Se per la call to action (spiegata di seguito), è meglio l’imperativo, per attirare l’attenzione spesso la forma interrogativa è la migliore perché richiama l’attenzione (anche graficamente) e ingaggia un dialogo diretto tra noi e chi ci legge. Non a caso, si fa spesso uso della seconda persona singolare o, al massimo, plurale se ci si sta rivolgendo a un gruppo di persone. L’intento è sempre quello: creare empatia, interpretare le frustrazioni e/o i desideri degli acquirenti per proporre una soluzione che sia perfettamente aderente alle loro aspettative e aspirazioni. L’ambito medico, in particolare, fa ampio uso di questo tipo di comunicazione portando in primo piano i sintomi per suggerire il rimedio, tutto nel linguaggio più semplice possibile. Meglio un “Mal di denti? Smetti di soffrire e prenota subito una visita” o un “Nevralgia del trigemino? Smetti di soffrire e prenota subito una visita”: tutti sanno cosa si prova ad avere mal di denti, ma non tutti sanno cosa si intende con nevralgia del trigemino che, peraltro, rischia di spaventare più che rassicurare. La terminologia, quindi, può fare la differenza.
3) Non solo parole: meglio dare i numeri
Il copywriting persuasivo non può fare a meno di un altro elemento, la concretezza. Nessuno infatti è indifferente davanti alla componente numerica di certe informazioni, soprattutto se si parla di numeri molto grandi o molto piccoli, a seconda del vantaggio che si vuole sottolineare e del termine di paragone. Che si tratti di percentuali, tabelle o persino date, i numeri riescono a conferire affidabilità a ciò che stiamo dicendo, proprio in virtù della loro neutralità. Pensiamo alla differenza che può fare trovare sulla confezione dei nostri famosi cereali la scritta “biologico” rispetto a un “100% Bio”: si tratta della medesima informazione, in teoria, ma in pratica la percentuale rafforza il concetto, garantendo implicitamente che tutti gli ingredienti con cui sono fatti i cereali rispondono al requisito espresso. Certo, anche i numeri possono essere camuffati ad arte o formulati in modo tendenzioso: dire “102 anni di esperienza” non è come dire “oltre 100 anni di esperienza”, per lo stesso discorso di cui sopra. Ogni tanto, quindi, dare i numeri è un’ottima tecnica di copywriting persuasivo.
4) Hic et hoc: innescare il senso di urgenza
Avete presente il Bianconiglio di Alice nel Paese delle Meraviglie, quello perennemente in ritardo, sempre occupato a correre a destra e sinistra perché inseguito dalle lancette? Ecco, in un certo senso, il copywriting persuasivo è la traduzione del suo modo di vivere e deve saperlo sfruttare a proprio favore. Innescare il senso di urgenza è infatti uno dei metodi più efficaci per attivare il meccanismo inconscio che sottende all’acquisto d’impulso. Passare troppo tempo davanti agli scaffali o nello scroll interminabile di una pagina non è l’obiettivo di chi si avvale delle tecniche di copywriting persuasivo, il cui unico scopo è, lo dicevamo all’inizio, spingere all’azione. Ecco perché tra i suoi ingredienti ci sono anche l’hic et hoc, ovvero il qui e ora: frasi come “acquista ora”, “approfitta subito”, “solo per oggi…” ecc., incalzano il consumatore a procedere nel più breve tempo possibile all’acquisto o al clic, per non farsi sfuggire un’opportunità che, da domani, potrebbe non esserci più. Nell’universo web, questa piccola parte fondamentale di testo si trova – non a caso – nella call to action (la chiamata all’azione), solitamente inserita in un pulsante di un colore rassicurante, ben evidente e la cui formulazione può essere determinante per il percorso di navigazione che si propone all’utente. La fretta è sempre più un condizionamento sociale, in tutti gli aspetti della vita quotidiana, e chiunque di noi ha provato sulla propria pelle l’efficacia di certe “spinte” retoriche: fenomeni come il Black Friday hanno fatto di questa strategia dell’impellenza un vero e proprio fenomeno su larga scala.
Ma il copywriting persuasivo da solo non basta. Una frase invitante deve essere supportata da un elemento visivo e/o sonoro che abbia lo stesso effetto. Grafica, immagini e suono (musiche, rumori o voci) concorrono al raggiungimento del risultato tanto quanto il testo, ed è il motivo per cui anche nella pubblicità più basilare nulla è lasciato al caso, anzi. Finché si parla di packaging, affissioni o persino di spot video e radio, è abbastanza facile intuire come e perché: se vendiamo articoli sportivi probabilmente ricorreremo a un tono motivazionale, con immagini di atleti dinamici e voci giovani ed energiche. Oltreché a una font che esprima tutti questi concetti anche visivamente. Tutte queste scelte differiranno molto se, invece, il prodotto da promuovere è, ad esempio, un utensile da cucina o un attrezzo per il giardinaggio. Il supporto visivo è necessario anche laddove apparentemente meno visibile: i risultati di Google. Anche qui, infatti, sono presenti delle distinzioni di colori, dimensioni e spazi che aiutano non solo alla lettura, ma anche alla selezione delle informazioni da parte degli utenti. Quindi, in ultimo, al loro percorso online. Per questo, sapere come funziona Google Ads (vero banco di prova per il copywriting persuasivo) è fondamentale anche sotto questi aspetti.
Va detto, infine, che il linguaggio tipicamente pubblicitario non è sempre la tecnica ideale: ci sono contenuti, infatti, che meritano di essere sostanziati con altri tipi di scrittura, che possono avere anche scopi coincidenti con quelli visti finora, ma a rilascio più lento e con logiche di fidelizzazione diverse. È il caso del content marketing in generale e della tecnica dello storytelling in particolare.
Per capire come e se il copywriting persuasivo può essere messo a servizio del vostro business, contattateci subito: ti convinceremo a fare la cosa giusta 😉